Scrivere in una lingua straniera: insidie, trabocchetti e sorvegliati speciali

Molte persone hanno buone competenze in una lingua straniera, spesso l’inglese: lo abbiamo studiato e praticato, comunichiamo di frequente, in modo efficace e con facilità negli scambi interpersonali. Ma quando si tratta di scrivere e pubblicare testi in una lingua straniera per la propria attività o azienda, che rimarranno online o su carta a lungo, le competenze e le consapevolezze da mettere in campo sono più ampie, perché la posta in gioco è più alta. La nostra reputazione o quella dei nostri prodotti o servizi sono fragili; basti pensare a che reazione suscita in noi un testo scritto “così così” nella nostra lingua madre.
Vediamo allora quali abilità consolidare prima di avventurarsi nel copywriting in lingua straniera e a quali elementi pratici prestare maggiore attenzione.

Valutare le proprie competenze

Il cervello spesso ci offre un’immagine distorta quando si tratta di valutare le nostre stesse abilità. Persone capaci e preparate rimangono costantemente frenate dalla sensazione di non essere abbastanza brave per un compito: è la cosiddetta “sindrome dell’impostore”. Altre persone, con conoscenze mediocri in un dato ambito, si sentono invece più esperte e più competenti di quanto non siano in realtà: questa percezione prende il nome di “effetto Dunning-Kruger”. Entrambi i fenomeni, ampiamente studiati dalle neuroscienze, ci fanno capire la necessità di metterci alla prova con valutazioni esterne se vogliamo capire esattamente a che punto siamo, anche per le lingue straniere.
Nelle interazioni quotidiane e di servizio, scritte e orali, tutti noi facciamo il possibile, al meglio delle nostre capacità e nella rapidità che questi scambi richiedono.

Chi invece vuole scrivere in una lingua straniera per lavoro dovrebbe considerare come livello minimo di competenza il C1 del quadro europeo di riferimento. Questo è il livello, infatti, che nella produzione scritta ci permette di esprimerci con testi chiari e ben strutturati, trattando argomenti complessi, sviluppando le idee e selezionando lo stile più adatto in base ai destinatari e in base al contesto d’uso, utilizzando la lingua in modo flessibile ed efficace anche per scopi professionali. Esattamente ciò che ci serve per dare forma ad articoli, post, siti web, listini, cataloghi, manuali d’uso.

Al di sotto di questo livello, si può essere autonomi nell’uso della lingua, ma l’urgenza di esprimere i concetti che abbiamo in mente prevale sulla forma e sui dettagli, portandoci facilmente a un risultato poco professionale. Questo è il motivo per cui i traduttori professionisti che non sono perfettamente bilingui traducono solo verso la propria madrelingua.

Come conoscere il proprio livello in lingua straniera?

Chi ha provato a sostenere esami di certificazione linguistica sa bene che i livelli C1 e C2 sono i più alti previsti e che gli esami e la preparazione richiedono un impegno notevole, se non altro perché per raggiungere questo grado di competenza occorre un soggiorno prolungato nel paese estero. Esistono molti test online che aiutano a capire qual è il proprio livello nelle principali lingue europee. È normale che nel corso della vita le competenze in lingua straniera evolvano o regrediscano e che non procedano di pari passo a tutti i livelli per una stessa lingua. In genere, tendiamo a raggiungere livelli più alti nella comprensione, mentre la produzione richiede uno sforzo in più.

I livelli linguistici coinvolti

Quando decidiamo di scrivere un testo importante in una lingua che non è la nostra, dobbiamo sorvegliare bene tutti i livelli di cui si compone:

  • La morfologia, ovvero la grammatica di base: genere e numero, coniugazione dei verbi, declinazioni, uso delle congiunzioni, delle preposizioni (piccole ma insidiose!) …
  • Il lessico: le scelte delle parole non settoriali e della terminologia specifica di settore, ma anche le collocazioni: quegli abbinamenti fissi che in ogni lingua sono preferiti rispetto ad altri, quelle scelte che “suonano meglio” e sono più familiari per i lettori.
  • La sintassi, ovvero la costruzione delle frasi: non basta solo che sia corretta, deve anche scorrere bene, non prestarsi ad ambiguità, essere chiara e facilmente leggibile.
  • Lo stile e gli aspetti pragmatici: come rivolgersi al proprio pubblico? Come confezionare frasi e pensieri in modo che siano adeguati, puliti, professionali? A seconda dello scopo del testo, bisognerà formulare le idee in modi diversi: voglio descrivere, persuadere, chiacchierare, istruire? Ogni lingua ha le sue preferenze a riguardo.
  • Infine la composizione del testo: l’uso corretto delle maiuscole, dei caratteri speciali di ogni lingua, la punteggiatura, la suddivisione in paragrafi.

Trabocchetti e interferenze

Tutto ciò che ci è stato insegnato per scrivere bene in una lingua non necessariamente vale per una lingua straniera.

Quando una persona conosce più lingue, diventa terreno fertile per i fenomeni di interferenza linguistica: non importa il livello di competenza, siamo tutti facilmente portati a contaminare la lingua che stiamo usando con influenze da altre lingue “ospitate” nella nostra mente. Questo può provocare piccoli errori di nessun conto, invenzioni divertenti ma anche fraintendimenti e straniamento in chi legge i nostri testi. E può valere anche al contrario, quando scriviamo nella nostra lingua madre e ci lasciamo influenzare da convenzioni e abitudini che abbiamo imparato al corso di inglese.

Le interferenze possono portare a scelte grammaticali errate, scelte di parole non idonee, “traduzioni strane” (che in linguistica prendono il nome di calchi) che il destinatario non riconosce come familiari. Questo succede spesso anche se conosciamo la lingua straniera a un livello molto buono, proprio perché la forma “strana” non appare così strana al nostro cervello, che la conosce da un altro sistema linguistico. Ecco allora che rischiamo di non essere capiti nella sostanza di ciò che vogliamo dire, ma anche nei modi e nella forma, se scegliamo un approccio non adatto al contesto.

La comunicazione è un fenomeno talmente complesso che, secondo alcuni esperti, ha maggiori probabilità di fallire che di riuscire nel suo scopo. Va maneggiata con cura, evitando l’improvvisazione, e va riconosciuta per il valore e il ritorno che ha. Coltivare il dubbio è una sana abitudine da applicare al nostro lavoro: confrontarsi, chiedere pareri e correzioni, nel dubbio rivolgersi a esperti, per prendersi cura soprattutto dei nostri destinatari.


Leggi anche: I segreti di una buona traduzione. Le competenze linguistiche dei traduttori

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